Report Assemblea telematica nazionale per un “reddito di quarantena” Giovedi 12 03 2020
Giovedì 12 marzo si è tenuta la prima assemblea per un “reddito di
quarantena”. Pur restando a casa centinaia di persone di tutta Italia
hanno potuto discutere ed organizzarsi, attraverso una piattaforma di
webconferencing rilanciata in diretta su facebook. Questa forma ibrida
ha permesso di aggirare ogni limite tecnico della piattaforma originale,
cui erano connesse 60 postazioni, raggiungendo live circa 350 ulteriori
connessioni via facebook. La registrazione integrale dell’assemblea,
sempre reperibile a questo link, nelle ore immediatamente seguenti alla
discussione è stata visualizzata da circa 9000 utenti.
Benché la
discussione in forma telematica imponga comunque dei filtri al modo di
comunicare e socializzare, la discussione è stata serrata e ricca nei
molti interventi che si sono susseguiti: la qualità dei contributi di
ciascun* indica senz’altro che si è aperto uno spazio politico di
discussione al quale va data una fisionomia organizzativa ed una
capacità di azione.
La necessità di agire a livello nazionale in modo coordinato per la richiesta del “REDDITO DI QUARANTENA” è stata ribadita da moltissimi interventi, indicando come urgente l’adozione di tutele sia economiche che sanitarie per tutte le categorie di lavoratori e di lavoratrici, indipendentemente dal tipo di contratto o status professionale – pensiamo ai lavoratori indipendenti, autonomi e alle ditte individuali o micro imprese, così come alla prigione del lavoro nero e grigio.
Le ordinanze restrittive emanate per fronteggiare
la diffusione del c.d. “Nuovo Corona Virus”e per ultimo il DPCM dell’8
marzo hanno messo a nudo e drammatizzato la condizione di estrema
precarietà, assenza di tutele e bassi redditi che colpisce in paticolare
i lavoratori e le lavoratrici di alcuni settori dei servizi quali
quello della cultura, delle arti, dello spettacolo, dello sport e
dell’intrattenimento, del turismo, dell’educazione e dei servizi sociali
in appalto.
Alcune centinaia di migliaia di persone occupate in
questi ambiti lavorativi – dipendenti, parasubordinati, soci di
cooperativa, autonomi – rischiano infatti nelle prossime settimane di
vedersi dimezzati se non azzerati gli introiti economici.
.
È
tempo di avviare un percorso collettivo basato sulla richiesta di
“giustizia sociale” nella sua complessità, senza trascurare alcuna
fascia o categoria, cercando di intrecciare questa pluralità di
soggetti. Certamente immaginare dentro allo stato d’emergenza dettato
dalla pandemia del nCoVid-19 nuove forme di organizzazione ed azione
richiede uno sforzo immaginativo senza precedenti!
La temporalità
dei percorsi organizzativi da aprire e delle pratiche di azione da
intraprendere deve essere duplice: lo sguardo deve saper oltrepassare il
qui e ora caratterizzato dallo stato d’emergenza, e spingersi verso
progettualità di medio periodo. Dobbiamo saper analizzare velocemente
così tante contraddizioni e possibilità, ed allo stesso tempo esplorare
dimensioni nuove e sconosciute.
Iniziamo con il tempo presente:
ora viviamo il tempo dell’emergenza e quindi la prima richiesta deve
essere un serio intervento a sostegno del reddito, a partire di quelle
categorie che già stanno pagando pesantemente questa situazione,
mediante trasferimenti monetari diretti e indiretti e l’accesso gratuito
a servizi fondamentali
“Io Resto in casa” per far fronte
all’emergenza nCoVId-19 significa per troppi essere privi dell’unica
fonte di reddito. Per questo, per stare a casa abbiamo bisogno subito di
un reddito di quarantena, un sostegno economico immediato per far
fronte alla mancanza se non perdita del lavoro in questa situazione
emergenziale. Per questo, per continuare a disporre di una casa debbono
essere sospesi i pagamenti di bollette, utenze, tasse, rate dei mutui.
Ma soprattutto bloccati immediatamente gli sfratti e gli sgomberi: per
tante e tanti l’affitto è sempre stato un lusso, e lo resterà anche
quando il Coronavirus sarà passato dato che il numero di chi non se lo
potrà permettere aumentMario Giardino:
erà.
La fase che stiamo vivendo rivela anche, attraverso l’aspetto della gestione sanitaria, le problematiche strutturali delle condizioni lavorative delle molte donne e uomini che lavorano per il benessere di tutte e tutti ma non escono dall’invisibilità.
Le ripercussioni economiche di queste settimane di lockdown stanno già impattando su ogni settore produttivo, tutte e tutti ne pagheremo le conseguenze nel medio-lungo termine: se dal 2007 e ancora di più ora, la crisi stessa si presenta come paradigma strutturale di sistema, noi allora dobbiamo scommettere sull’organizzazione di una battaglia generale per un reddito minimo garantito su base universale per tutte e tutti.
Così come la temporalità va impostata su due livelli, anche lo spazio di azione e organizzazione va impostato in maniera duplice: un livello nazionale ed uno territoriale-regionale, non dividendo i lavoratori e le lavoratrici in categorie, bensì costruendo una piattaforma comune e generale di rivendicazione.
La richiesta del Reddito di Quarantena deve divenire un claim comune, nessuna/o può sopravvivere senza una continuità di reddito e questa deve essere garantita non solo a chi ha accesso ad ammortizzatori sociali e a forme di sussistenza già applicate, ma anche quelle categorie tradizionalmente non comprese o penalizzate nella loro applicazione.
A partire da quelle che una
residenza e una casa non ce l’hanno, e che in congiunture come questa
vengono sempre più dimenticate e messe ai margini. Sono 55mila le
persone senza dimora in Italia alle quali si aggiungono le migliaia di
migranti fuoriusciti dall’accoglienza o resi irregolari per effetto dei
Decreti sicurezza.
È prioritario quindi mettere ogni persona nelle
condizioni di accedere ai diritti basilari di cittadinanza, garantendo
diritto all’abitare ed all’assistenza sanitaria, attraverso l’immediata
assegnazione delle residenze presso gli indirizzi fittizi, istituiti dai
Comuni, per tutte le persone senza dimora e senza casa in modo da poter
così accedere al Servizio Sanitario Nazionale e avere un medico di
base. Così come è necessario che vengano da subito aperti nuovi spazi
per l’accoglienza e ripensati radicalmente gli interventi di housing
sociale e le politiche assistenziali al fine di favorire percorsi di
autonomia e autodeterminazione.
Rifiutiamo quindi una gestione
della crisi sanitaria che svela l’intenzione di mantenere distinzioni
tra lavoratori e cittadini di tipo A e di tipo Z, tra persone da
tutelare e sacrificabili, scaraventando al fondo della scala dei diritti
i facchini nella logistica, lavoratrici del commercio, i riders e le
tante figure lavorative impegnate nei servizi sociali domiciliari (oss,
infermieri, educatori).
Anche per questo diciamo no alla proposta
della Ministra Azzolina di utilizzare le educatrici e gli educatori dei
servizi di integrazione scolastica ai domiciliari, diritto alla salute
per tutti e tutte, lavoratori e assistiti. Rifiutiamo la logica che vede
gli operatori sanitari come “angeli dell’emergenza” sacrificabili al
rischio di morte ed alla certezza di turni di 24 ore.
Un punto va
sottolineato perché dirimente: l’assemblea indica la rivendicazione di
un dispositivo su base universale per tutte e tutti che va messo in
campo nell’emergenza ma va oltre l’emergenza stessa.
È il punto di
partenza per la redistribuzione della ricchezza su una base di giustizia
ed equità sociale, non un sussidio di Stato erogato una tantum, non è
una integrazione temporanea alla manchevolezza del salario del datore di
lavoro.
È reddito di autodeterminazione senza il quale le donne
non possono liberarsi dalla violenza domestica ed intraprendere percorsi
di liberazione e autonomia.
È ciò che ci immaginiamo per liberare
chi lavora in forma precaria ed intermittente, magari all’interno delle
catene degli appalti, così come per tutte le lavoratrici e lavoratori
sociali degli appalti pubblici (scuola, assistenza), dal ricatto
costante della precarietà.
Il reddito di quarantena per noi non è un intervento unicamente emergenziale: significa ammortizzatori sociali uguali e
la garanzia di un reddito minimo per chi non vi può accedere. Per questo riteniamo si debba ampliare la platea del reddito di cittadinanza, renderlo più universale possibile, eliminare condizionalità e obblighi delle politiche attive.
Tasse e tributi
al fisco sono stati ampiamente sviscerati. La tassazione per lavoratori
autonomi, partite iva, freelance è questione di vita o di morte:
tributi e balzelli da versare mensilmente sono diventati, da marzo 2020,
un cappio al collo che strangolerà un numero crescente di persone. A
questi versamenti nulla corrisponde sul piano della previdenza sociale.
Non possiamo accettare questo! A che servono le nostre tasse, se non a finanziare un sistema previdenziale universale?
Soprattutto in questa fase è possibile e urgente rivendicare politiche redistributive, per fare in modo che le misure di cui c’è bisogno non pesino sulle spalle di lavoratrici e lavoratori: per questo bisogna immaginare e richiedere subito una patrimoniale, che finanzi queste e altre misure che si renderanno necessarie.
Ma come attuare e praticare questa piattaforma di rivendicazione?
Le proposte emerse dagli interventi sono:
• Creare un coordinamento nazionale per condividere le iniziative che
si sviluppano sui territori e renderle riproducibili, connettere le
campagne e le rivendicazioni dei percorsi aperti con lavoratori e
lavoratrici dei vari settori, costruire una cornice comune d’azione.
Questo elemento di costruzione di una cornice comune è centrale, e viene
indicato come strumento più idoneo una pagina Facebook ed un canale
Instagram che ha il nome “REDDITO DI QUARANTENA”. Ogni iniziativa
territoriale, regionale e nazionale verrà comunicata anche tramite
questa pagina, in modo da facilitare la comunicazione alle tante
lavoratrici e lavoratori che domandano informazioni;
• Aprire
sportelli telematici, così da poter dare anche a distanza risposte
veloci e concrete, come hanno già fatto molte sedi di Adl Cobas, le CLAP
a Roma ed altre strutture sindacali;
• Costituzione di assemblee regionali e territoriali;
• Sostenere il percorso nazionale della Rete degli operatori e
operatrici sociali, quelle occupate nei servizi di integrazione
scolastica, quelle domiciliari e quelli dei servizi in strutture diurne o
residenziali che si stanno già organizzando a livello nazionale
attraverso assemblee nazionali che rivendicano il pieno salario, il
diritto alla salute per tutti e tutte e la reinternalizzazione dei
servizi pubblici in appalto (in particolare nella Scuola).
•
Assemblea del settore spettacolo per concentrare le tante figure
professionali del settore che vivono una particolarità nell’emergenza
dettata da una storica non tutela per quanto riguarda la categoria
lavorativa in questione (Venerdì 13 marzo c’è stata la prima conference
nazionale, attendiamo il report per aggiornare tutte e tutti sulla
questione specifica)
• Iniziativa di mailbombing con un testo che stiamo preparando e sarà la piattaforma rivendicata.
A breve definiremo il giorno e lo comunicheremo dalla pag facebook comune
• La proposta di farsi foto ed appendere striscioni da tutte le case e
inviare la foto come campagna comunicativa. È già in atto, scegliamo un
giorno nel quale massificare e gestire tutte assieme.
• Ritrovarsi in una nuova conference nazionale per discutere i prossimi passaggi.
La prossima conference nazionale verrà comunicata dalla pagina nazionale. Lo schema tecnico sarà il medesimo della prima visto il suo ottimo funzionamento.